Che paese di mer…canti! (19/10/2012)
In questi giorni fa scalpore la notizia che Veltroni non si ricandida al Parlamento e D’Alema forse! Secondo me deve far notizia invece il fatto che tutti gli altri sono in procinto di ricandidarsi: non curanti dei decenni che siedono in Parlamento e dei guai giudiziari da cui sono “perseguitati”. E questo potrebbe essere niente se avessero svolto il loro compito in maniera egregia, portando in questi decenni l’Italia ad essere una delle maggiori potenze economiche, industriali e culturali al mondo e a noi cittadini il benessere da farci vivere in agiatezza. I fatti però dicono il contrario!
Non c’è altra democrazia al mondo in cui i rappresentanti del popolo siano così longevi, addirittura nessun dittatore è durato quanto i nostri Parlamentari, che invece sono eletti dal popolo (almeno sulla carta). Non è questione di “rottamare” o di volere il nuovo ad ogni costo, neanche Renzi, Grillo e Briatore per ultimo possono scagliare la prima pietra, visto i loro guai giudiziari e i loro beni. Poi qualcuno ci viene a parlare di allontanamento dalla politica, di disamore del popolo verso la politica: nossignori, qui non si tratta di politica! La Politica, quella con la “P” maiuscola è un’arte, una filosofia, una scienza, la Politica è lo studio che ha per oggetto l’organizzazione e il governo dello Stato, affinché si realizzano le migliori condizioni per il popolo di quello Stato: quello che invece fanno i nostri governanti è solo amministrazione, e purtroppo fatta anche male. Politici erano Machiavelli e Calamandrei, non certo i nostri attuali parlamentari (convinti che il sole sorga a Nord invece che a Est! Vedasi le interviste del Fatto Quotidiano). Poi qualche altro ci parla di “questione morale”, intendendo che sono amorali coloro che sfruttano il bene pubblico per loro scopi e guadagni: nossignori, costoro non sono amorali, sono soltanto criminali, l’onestà non è una questione è un dato di fatto, deve essere una certezza. La vera questione morale era quella perseguita da Berlinguer, la divisione tra cariche politiche e di governo: chi dirige un partito, e quindi deve far Politica, non può governare, che invece è compito di un amministratore, e viceversa. Ormai in Italia invece chi si definisce politico, è colui che ricopre un incarico pubblico, che allo stesso tempo dirige un partito e qualche ente governativo (ministero, regione etc), che siede in parlamento. In un mondo normale l’incarico di governo dovrebbe essere visto come un peso, perché amministrare la “cosa pubblica”, farla funzionare, perseguire il bene comune è un’impresa ardua, difficile, di sacrificio, ed invece tutti vorrebbero sedere su qualche poltrona, per sistemarsi a vita: qualcosa sicuramente non funziona.
La soluzione? Ognuno ha la propria, spesso soltanto a proprio vantaggio. Al punto in cui siamo c’è solo una considerazione da fare: sia l’esperienza (la maggioranza dei parlamentari ha decine di anni di governo sulle spalle) che la preparazione tecnica (l’esecutivo Monti è fatto di tecnici) non pagano nella situazione a cui siamo arrivati. L’unica speranza è che i prossimi candidati siano persone che perlomeno abbiano la volontà di governare non per se stessi ma per i cittadini, che lo facciano onestamente, che antepongano il futuro dei nostri figli alle soddisfazioni elettorali. Una speranza ancora più grande è quella che questo tipo di cultura divenga quella di noi cittadini. Se questo accade potremo almeno aprire il quotidiano e leggere di scelte, fatti ed argomenti che riguardano la vita pubblica, non l’elenco giornaliero di incriminazioni, arresti, indagini nei confronti di coloro che ci dovrebbero governare, come siamo costretti ad oggi.
E mi piace terminare con il monito che Socrate, nell’Apologia di Platone, rivolgeva ai governanti ateniesi: “Ehi, campione, tu che sei ateniese, della città più alta e più gloriosa per acutezza e forza, non ti vergogni di pensare solo ai soldi, al modo di procurarne tanti e tanti, ed alla tua coscienza, alla tua verità, al tuo spirito non pensi, non mediti al sistema di farli progredire?”, perché l’Italia non ha nulla da invidiare ad Atene!
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