Accabadora (M.Murgia) (09/03/2015)

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Un buon romanzo che racconta la storia di due solitudini che si compensano, quella di una donna alla ricerca di una famiglia che non è riuscita ad avere e quella di una bambina che ha “troppa” famiglia. In una Sardegna del periodo immediatamente seguente alla Grande Guerra, le loro vite sono immerse nelle tradizioni di un piccolo paese. L’ambiente e il periodo potrebbero far credere che i temi che emergono dal romanzo siano affrontati e vissuti dai protagonisti in maniera retrograda: l’affidamento del fillus de anima (la vendita dei propri figli) e l’eutanasia riemergono invece in tutta la loro attualità e il modo in cui vengono contestualizzati, rende quella collettività paradossalmente più all’avanguardia della civiltà attuale. Dosando con il giusto equilibrio l’uso di termini e tradizioni sarde, l’autrice ci fa avvolgere dall’ambiente in cui si muovono i personaggi. La madre, prima ed ultima che sia, naturale o matrigna, o solamente donna, assume un ruolo da protagonista, sostenuto anche dal particolare periodo post-bellico, in cui gli uomini hanno dato la loro vita per la patria.

Giudizio (0 – 3) = 2     

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