24/04/2016
Non c’è Dio all’infuori di Dio (R. Aslan)
Innanzitutto per chi non lo sapesse e per fugare ogni dubbio sull’argomento del libro, il titolo è il principio dell’islam: quello che per i cristiani è “Non avrai altro Dio all’infuori di me”. E’ un testo molto interessante che consiglio di leggere a coloro che vogliono avere un’idea più chiara dell’islam e dei musulmani. Aslan ci racconta la storia di questa religione dalla sua nascita con Maometto (VI secolo d.C.) fino ai nostri giorni (prima dell’avvento dell’ISIS). La lettura del libro ci porta a fugare molti pregiudizi che l’Occidente ha spesso radicato nei confronti dell’islam: primo tra tutti, in questo momento, che i musulmani siano tutti terroristi. Scorrendo la storia ci rendiamo conto che gli stessi sono i primi a condannare l’ideologia della jihad e a subirne le conseguenze. Non è semplice, naturalmente, in una breve recensione affrontare e approfondire tutti gli aspetti, basti però pensare che l’islam persegue la fratellanza di tutti, che rifugge le classi sociali, che ha fatto nascere l’emancipazione della donna nei paesi arabi (il velo imposto è una forzatura), che contempla l’aiuto per precetto delle persone umili e più disagiate, che riconosce tutte le religioni. Anch’essa come l’ebraismo e il cristianesimo si fonda sulla dottrina di Abramo e come tutte le religioni monoteiste ha avuto delle “scissioni”, che, mancando un’unica guida spirituale come può essere il Papa, si sono trasformate in correnti e che per affermarsi l’una sull’altra sono sempre in lotta, anche violenta, tra loro. Molte di queste correnti si sono fatte forti di un’interpretazione diversa delle indicazioni fornite dal Corano, propagandandola come quella da seguire. Così come per la “lotta agli infedeli”: concettualmente è un aspetto interno all’islam, che deve essere esercitata verso coloro che professandosi musulmani, non seguono invece i precetti dell’islamismo; alcuni invece gli hanno voluto dare un carattere più guerrafondaio, declinandola verso tutti coloro che non professano il loro credo. Scopriamo anche dal racconto storico e dell’analisi dell’autore, che molti aspetti che oggi consideriamo negativi di questa professione di fede e del suo manifestarsi nella vita civile e sociale sono stati causati proprio dall’intervento dei popoli occidentali: il colonialismo, l’ingerenza nelle scelte politiche e non ultimo, e molto attuale, lo sfruttamento delle risorse economiche. Basti pensare a questo proposito che l’Arabia Saudita che per molti aspetti riteniamo il paese più avanzato in questo contesto, magari soltanto per le sue capacità economiche, è proprio quello che risente di più di quello che definiamo il fondamentalismo islamico e proprio nello stato Saudita sono nati quei gruppi (mujaheddin: sostenuti da americani e inglesi per contrastare i russi) da cui poi si è sviluppata l’attuale jihad. Negli ultimi due capitoli l’autore cerca di indicare quale può essere la via, affinché anche negli stati islamici si possano attuare dei governi democratici: a suo dire il principale aspetto riguarda la libertà di autodeterminazione che deve essere lasciata ai musulmani, facendo in modo che i paesi occidentali, pur sostenendo e aiutando questo processo, non lo condizionino cercando di imporre il loro concetto di democrazia. Certamente leggendo le analisi di Aslan è doveroso tener presente che queste scaturiscono dal suo punto di vista. Ciò che maggiormente si evidenzia è che se ogni credente e laico, professasse materialmente nella vita quotidiana il proprio credo, rispettandone tutti i precetti senza le ingerenze degli interessi umani, vivremo tutti in un mondo migliore.
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02/03/2016
Nella testa di una jihadista (A. Erelle)
Erelle è una giornalista francese che studiando i comportamenti e le ragioni che spingono molti giovani a recarsi in Siria per partecipare alla jihad, si è trovata in prima persona ad entrare in contatto con il reclutamento via internet dello stato islamico. Non perdendo l’occasione ha subito instaurato un rapporto con il terrorista di contatto al fine di ricavarne un servizio dettagliato e reale per la propria redazione. Contattata tramite un suo profilo fittizio su internet, riuscirà a far credere al terrorista che è disposta a recarsi in Siria come sua moglie e resterà coinvolta dalla situazione fino a giungere quasi al confine Siriano. Nell’inchiesta appare evidente come sia facile per l’IS (o ISIS), attraverso l’uso dei social internet, farsi propaganda e contattare, fino al reclutamento, i giovani europei, siano essi uomini o donne. Evidenti sono la capacità dei terroristi, che peraltro dispongono di mezzi di comunicazioni all’avanguardia, di coinvolgere psicologicamente coloro che contattano e la “normalità” delle persone contattate, che sebbene generalmente stanno cercando un loro equilibrio, non sono necessariamente emarginati, instabili o falliti, ma anche insospettabili vicini dello porta accanto. La giornalista, sotto il falso account di Melodie, prende contatto con Abu Bilel, anche lui francese e braccio destro del califfo dell’IS: dall’atteggiamento e dai comportanti dell’uomo, sebbene celata dai sui discorsi, appare però evidente come la guerra santa professata e messa in atto da questi terroristi non abbia nulla di religioso e sia anzi, molto lontana dai precetti di fratellanza del credo Islamico. Dei contrattempi impediscono però alla giornalista di portare a termine il programma così come concordato con la redazione e l’intento di realizzare un servizio che possa portare alla luce questa attività di propaganda e reclutamento al fine di mettere in guardia e scoraggiare i giovani ad andare in Siria non si realizza nel modo voluto. L’inchiesta però fa scalpore e non passa inosservata, al punto che verso Erelle viene lanciata una fatwa (la condanna a morte che chiunque fedele all’Islam può compiere verso chi la riceve) e lei è costretta a vivere sotto scorta dopo aver cambiato la propria identità. L’inchiesta mette anche in evidenza le differenze che ci sono tra il califfato dell’IS e altri gruppi terroristi similari, quale ad esempio al-quaida.
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