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30/07/2017

Il mio amico Odis (M. Landini)

landini, odis, esorcismo, esorcista, diavolo, possesso, padre pioNon capita spesso di leggere il resoconto di un esorcismo vissuto direttamente dall’autore. In questo libro, don Mariano Landini ci narra quello cui ha partecipato per eliminare il maligno da una donna. Credere o non credere al possesso del diavolo di un corpo è questione personale, magari religiosa o altro, e l’autore si limita soltanto a raccontare l’episodio di cui è stato partecipe, lasciando poi al lettore di interpretare a suo piacimento quanto narrato. Il libro non è sicuramente un racconto dell’orrore, anzi, nelle pagine che narrano la vicenda nello specifico lo scrittore ha evitato particolari inquietanti e in più ha intervallato queste parti con episodi di vita personale o considerazioni sui tempi andati e presenti. Odis, il protagonista, il demone che si era impossessato della donna, appare come un “povero diavolo”, quasi dispiaciuto del suo compito o forse incapace di compierlo, di fronte alla potenza di chi lo contrasta. Naturalmente l’autore è un sacerdote, quindi nel corso del racconto è costante il richiamo a Dio, alla fede e all’amore, ma il lettore, consapevole di questo “limite”, può tranquillamente concordare o meno con le critiche e i richiami alla memoria di un tempo migliore esposte da Landini, e farsi una propria idea sull’evento principale dell’esorcismo.

La digital transformation di una multi-utility (L. Giustiniano – A. Prencipe)

digital, multi-utility, acea, idrico, elettrico, trasformazione, Giustiniano, Prencipe, sap, KotterL’analisi dei due professori riguarda la trasformazione avvenuta all’interno di una grande società municipalizzata italiana, leader nell’erogazione di servizi. Si tratta di A.C.E.A., società per azioni il cui socio di maggioranza è il Comune di Roma, specializzata principalmente nell’erogazione del servizio elettrico e idrico integrato, a cui fanno capo molte società che hanno la gestione del servizio idrico integrato del centro Italia, facendone così una delle più grandi in Europa operanti in questo settore. L’importanza di questa trasformazione è data dal fatto che la società opera in un ambito non concorrenziale, oltre che essere municipalizzata, e che quindi è immune dal dover necessariamente migliorarsi: il fatto invece di aver scelto di realizzare un cambiamento radicale nel suo modo di pensare ed operare, la pone all’avanguardia e ad oggi, come unico modello da seguire a livello mondiale. Di questa sfida, per molti aspetti ad alto rischio, gli autori ci spiegano com’è nata e come è stata portata avanti. Presupposto che “I contatori girano, e continuano a girare”, l’Azienda avrebbe potuto continuare la sua attività senza alcuno stimolo esterno, i vertici dirigenziali invece, primo fra tutti il nuovo Amministratore Delegato, hanno deciso che nonostante questo era necessario creare delle urgenze interne, che spingessero tutto l’apparato aziendale a cimentarsi in un cambiamento dettato da una “concorrenza non reale”. Bisognava cioè operare come se l’utente avesse l’opportunità di poter scegliere tra più concorrenti alla fornitura del servizio. L’impegno è stato cospicuo, sia dal punto vista economico che delle risorse: per organizzare e seguire il cambiamento è stata scelta la Kotter International, di fama mondiale; per il modello operativo si è scelto di utilizzare e sviluppare quello SAP, altra azienda leader nel campo del software. Nel libro sono analizzati in dettaglio i tempi e le opportunità messe in campo, nonché gli sforzi e i cambiamenti che per circa due anni hanno coinvolto tutte le risorse dell’Azienda e di quelle collegate, e l’impatto tecnico, digitale e “caratteriale” che la scelta di questa sfida ha comportato. Alla fine di questo processo evolutivo, che per molti aspetti ha dell’incredibile, l’Azienda, come sottolineano gli autori, si pone all’avanguardia a livello mondiale. Fin qui la recensione del libro, interessante e ben strutturato, anche se farcito di termini tecnici che un lettore medio può ignorare: non trattandosi però di un romanzo, ma di un testo che illustra la trasformazione di una società che impatta su circa 8.000.000 di cittadini e circa 7.000 dipendenti, è necessario fare altre considerazioni. La prima è che l’assunto preso a riferimento e che si è voluto oltrepassare “I contatori girano, e continuano a girare” è mancante di una parte sostanziale “però a volte si fermano!”, perché è in quest’ultima affermazione che devono essere ricercati i problemi e le adeguate soluzioni. E “si fermano” per due ragioni principali: perché rotti o per mancanza del servizio erogato (nel caso del servizio idrico vedasi proprio quanto sta accadendo a Roma in questi giorni!). Ci possono essere quattro tipi di lettori di questo libro: gli interessati professionalmente al tema analizzato; coloro che sono anche utenti dell’Azienda o di quelle collegate; chi lavora presso A.C.E.A. o sua collegata; coloro che lo leggono per curiosità senza rientrare nelle tre precedenti categorie. Gli appartenenti al primo e al quarto tipo, saranno soddisfatti della lettura perché ne potranno trarre spunto e perché orgogliosi che una società italiana stia facendo cose così prestigiose da essere all’avanguardia nel mondo. Gli utenti invece, magari prendendo a riferimento il servizio idrico, credo si possano chiedere: ma non era più importante fare in modo che l’acqua arrivi regolarmente e sempre, e magari destinare i milioni di euro spesi, come indicato nel libro, per la realizzazione di dissalatori o nel miglioramento delle reti?; cosa significa essere più vicini al cittadino, magari nelle lunghe attese agli sportelli, se lo stesso ha difficoltà a relazionarsi con l’Azienda e in molti casi non ha preparazione per l’utilizzo dei servizi digitali?. Senza cadere nella retorica sono questi i principali interessi dei cittadini/utenti, che quasi sicuramente non badano alle fattezze del logo, sebbene nasconda importanti significati. C’è poi la terza categoria, quella degli operai ed impiegati dell’Azienda, i quali possono arrivare a chiedersi leggendo il libro: ma è questa la Società per cui lavoro? Domanda forse legittima, se nel testo i due autori considerano pressoché conclusa e già operante la trasformazione digitale oggetto dell’analisi, e giornalmente invece loro si devono confrontare con problemi irrisolti e con la necessità di individuare competenze specifiche, carico delle attività ed utilizzo delle risorse. Certamente non è questo il luogo per approfondire nel dettaglio ogni singolo argomento, resta il fatto che il testo è comunque interessante, purché si realizzi e funzioni nel concreto, sia a livello centrale che periferico, quanto così splendidamente illustrato.    

24/07/2017

Panigaglia (L. Bavassano)

bavassano, panigaglia, disastro, esplosione,santa liberata, argentario, guerra, munizioni, tragedia, dispersiIl titolo non deve trarre in inganno, perché non si tratta della storia della nave, né della cronaca della sua tragica fine, avvenuta il 1 luglio 1947 nella rada di S. Liberata a Monte Argentario. Come molti ben sanno, nel disastro bellico più tragico avvenuto dopo la fine della guerra, perirono circa 70 persone (il dato preciso non è mai stato confermato) a causa dell’esplosione delle oltre 300 tonnellate di munizione caricate sulla nave. Soltanto i pochi marinai scesi a terra per svolgere i loro compiti ebbero salva la vita e soltanto un superstite fu estratto dai brandelli delle lamiere della nave: molti furono dichiarati dispersi perché l’esplosione aveva polverizzato i corpi. Da questo evento, ancora vivo nel ricordo degli abitanti di Porto S. Stefano, nelle famiglie delle vittime e dei sopravvissuti e nelle commemorazioni, l’autore prende spunto per raccontare una parte della vita di suo padre. Bruno Bavassano fu tra coloro che ebbero salva la vita nella sciagura del Panigaglia, perché era a terra a ritirare gli stipendi dei marinai assieme al comandante. Il racconto, che può essere definito epistolare, ripercorre, proprio attraverso la corrispondenza che l’uomo inviava ai propri familiari, il periodo che va dai suoi 16 anni (1940) ai 23 (1947) e si focalizza su quella che fu la guerra coloniale italiana in Africa. All’autore però non interessa il racconto fine a se stesso, Bavassano si domanda come mai un uomo, che durante la sua vita si è dimostrato giusto e disponibile verso gli altri, abbia deciso da ragazzo di arruolarsi volontario per fare la guerra. Dagli scritti di suo padre, seppur spesso telegrafici e censurati dal regime dell’epoca, appare evidente la maturazione che avviene nel ragazzo che sta diventando uomo. Nato nel periodo in cui la dittatura fascista è già al potere, risente, come può essere naturale da ragazzo, della propaganda in cui s’inneggia alla forza patria, al dover primeggiare su tutto e su tutti, alla certezza di essere superiori. Stimoli cui non riesce a sottrarsi, non avendo conosciuto un prima diverso, anche se, come è dato comprendere, in famiglia questi motti non erano condivisi. Decide così di arruolarsi volontario in marina e ostenta orgoglio nel voler dare il suo contributo in guerra “… rimanere a Venezia, mentre tanti miei compagni sono imbarcati, non è bello.”. E’ così destinato in Africa nella campagna militare intesa a sottomettere le popolazioni oggetto del colonialismo nazionale, ma, giorno dopo giorno, maturerà la consapevolezza che la propaganda fascista è effettivamente sola propaganda, che tutto è fasullo: le forze militari italiane sono ridicole rispetto a quelle contrapposte; non c’è la capacità da parte dei vertici militari di garantire né approvvigionamenti bellici né cibo; essere soldato non significa diventare un super eroe, ma soltanto vivere da emarginato sperando nella fortuna di non morire. La fine della guerra è così vissuta dal protagonista come una vera e propria liberazione, sia materiale sia emotiva. L’imbarco post bellico sul Panigaglia, con la speranza che la normalità sia ormai acquisita, e il tragico evento dell’esplosione, nel quale ancora una volta per caso ha salva la vita, inducono invece quest’uomo ad un ulteriore riflessione. L’intento dell’autore non è quello di raccontare una parte della storia del padre o la cronaca di alcuni fatti, ma di trasmetterci degli insegnamenti, così come ha fatto suo padre con i figli, senza che per apprenderli, o scoprirli, o soltanto rifletterci, anche noi ci vediamo costretti a dover vivere drammatiche esperienze. Per quanto riguarda la vicenda del Panigaglia (riportandone il nome nel titolo) il libro non aggiunge informazioni a quelle già esistenti anche se ancora confuse, bensì contribuisce ad accrescere questi dati con l’aspetto umano ed emotivo di coloro che l’hanno vissuta.

19/07/2017

La paura è un peccato (O. Fallaci)

paura, peccato, oriana, fallaci, lettere, panagulis, nenni, kissinger, fidel, papaSi tratta di una raccolta di lettere e appunti inviati dalla scrittrice, durante la sua vita, alle persone più varie: familiari, amici, collaboratori, personaggi più o meno famosi. Già nei suoi articoli, soprattutto interviste, e libri la Fallaci si rivolge senza remore ai suoi interlocutori, ancor più lo fa quando gli scrive in privato: da queste lettere si evidenziano tutti i suoi eccessi caratteriali, una donna che non conosce mezze misure e che chiede a se stessa e agli altri il massimo sacrificio. Sicuramente non si è mai risparmiata ed ha percorso la storia che ne ha accompagnato la vita in “prima linea”, anche letteralmente, sin da quando, ancora bambina, faceva la staffetta per aiutare partigiani e soldati alleati durante la seconda guerra mondiale. Da queste lettere si evince quanto la giornalista fosse orgogliosa di se stessa fino all’eccesso e quanto profondo e smisurato sia stato il suo amore per la scrittura. Capace di isolarsi dal mondo, di cui era una portavoce dei fatti più importanti quando si “prestava” al giornalismo, nel momento in cui progettava la stesura di un libro, seviziava il suo tempo e il suo corpo per ottemperare a quella missione. Era capace di forti sentimenti e non di rado si sentiva tradita dai suoi amici o interlocutori, perché come lei concedeva loro tutta se stessa, così pretendeva altrettanto dagli altri. Come tutti i grandi personaggi, aveva un carattere molto forte che arrivava anche a trasformarsi in arroganza, ma fino alla fine è rimasta fedele ai suoi valori ed anche quando il suo corpo era ormai devastato dalla malattia, ha continuato a lottare per portare avanti la missione per cui era nata: scrivere.       

07/07/2017

Racconti e leggende nella vita marinara di Porto S. Stefano (P. Fanciulli)

fanciulli, porto s stefano, argentario, marinai, leggende, racconti, turco, delfino, nonella, pescaCome dice il titolo si tratta di quattro racconti e cinque leggende che riguardano la storia e la vita dei marinai della cittadina di Monte Argentario. Come tutte le storie di mare, anche queste, varcano i confini cittadini e per assonanza di contenuti e concetti si confondono con quelle raccontate dai marinai dei quattro angoli della terra. I primi sono racconti di episodi che sono tramandati e narrati da coloro che li hanno vissuti o ne sono stati partecipi. Le seconde, fanno invece parte di quelle storie, inventate o rielaborate, che servono da ammonimento a chi vive il mare, o servono a giustificare comportamenti e aneddoti che non troverebbero riscontro nella vita reale. L’autore le narra come un anziano potrebbe fare con i propri nipoti, o come nel suo caso, un’insegnante fa ai giovani alunni. In tutte ritroviamo termini che fanno parte del dialetto locale, sia per rendere la narrazione più popolare e vicina all’ambiente cui sono dirette, sia per l’interesse che l’autore ha sempre avuto verso lo studio del linguaggio, in special modo per quello della propria terra.    

04/07/2017

La casa tonda (L. Erdrich)

erdrich, casa, tonda, indiani, pellerossa, coutts, dakota, pulitzer, award, joeL’autrice è considerata una delle più importanti scrittrici contemporanee americane, tra gli altri premi ricevuti è stata finalista al Pulitzer (2009) e vincitrice del National Book Award (2012) proprio con questo romanzo. Nonostante queste prerogative, o forse proprio in attesa di queste, il libro non mi ha appassionato. E’ la storia della violenza subita da una donna all’interno di un territorio indiano degli U. S. A. e dell’evoluzione dei sentimenti che portano il figlio a vendicarla. Ho trovato la narrazione molto dispersiva e quindi scarsamente stimolante per il lettore. Unico aspetto interessante la denuncia che la scrittrice porta alla luce della condizione in cui ancora oggi, vivono gli indiani d’America, che, seppur non segregati nelle riserve a loro dedicate, non trovano comunque equità nelle leggi che regolano la loro coesistenza con gli altri cittadini. I soprusi, oltre che fisici, soprattutto morali cui devono sottostare hanno portato il Presidente Obama (come citato anche nella postfazione del libro) a definire questa situazione “un’onta per la nostra coscienza nazionale”. Questo rapporto di mancanza di fiducia e scarsa integrazione tra l’ambiente “indiano” e “americano” fanno si che le vicende della storia, rimangono velate di mistero ed ogni protagonista si farà portatore del suo segreto.