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05/02/2007

Lo "sport" del calcio?

medium_Stadio_Olimpico.jpgPurtroppo bisogna parlarne. Comincio dall’esperienza personale: nel 1979 uscendo dallo stadio di Firenze, alcuni tifosi ci aggredirono perché dei miei amici portavano delle sciarpe dell’altra squadra. Intervenne la polizia...


Purtroppo bisogna parlarne. Comincio dall’esperienza personale: nel 1979 uscendo dallo stadio di Firenze, alcuni tifosi ci aggredirono perché dei miei amici portavano delle sciarpe dell’altra squadra. Intervenne la polizia, e mitra puntati allo stomaco, ci divisero. Imbarcarono, senza chiedere spiegazioni, gli aggressori sul cellulare (già li conoscevano) e lasciarono andare noi. Alcuni presenti mi dissero: “abbiate pazienza, ma quando loro vanno in trasferta prendono sempre le botte, quindi si rifanno quando giocano in casa!”. Pensai che non valeva la pena andare allo stadio con il rischio di un involontaria pallottola di mitra nello stomaco.
Certamente i miei fatti personali non interessano, però sono passati poco meno di trenta anni e naturalmente ci si è evoluti, dalle botte si è passati alle bombe, dagli slogans dei clubs alle cariche alla polizia: ma il problema non si è risolto.
Allora è spontaneo chiedersi perché succeda questo: la risposta più semplice è perché i presenti sono tanti. Settantamila persone allo stadio, sono i cittadini di un’intera città di provincia: fate il paragone, ci saranno senz’altro persone di tutti i generi, è ovvio. Allora la risposta sarebbe altrettanto semplice, facciamo gli stadi più piccoli. Ma il problema non è semplicemente questo, o per lo meno non è questo il fattore scatenante.
La ragione principale è la stessa che genera gli scontri nei cortei, nelle manifestazioni, in tutti gli avvenimenti in cui si ritrovano migliaia di persone e che quindi diventano facile occasione per quei delinquenti per compiere gli atti criminali di cui andranno anche fieri.
Come risolvere allora il problema? Intanto cominciamo a far diventare il mondo del calcio parte integrante del mondo in cui viviamo, senza esimerlo da tutte quelle responsabilità che viviamo ogni giorno. Al calcio si perdona tutto: intermediari che compiono atti illeciti; società che falsificano bilanci; imposte non pagate; documenti falsificati……. e questo perché, sia per il cuore sia per i soldi.
L’ingente movimento di capitali, e soldi in generale, porta a compiere qualsiasi atto (ne sono un esempio i recenti conflitti) e tutti i cittadini, che non partecipano a questa spartizione, hanno però in maggioranza, dei colori sociali nel cuore e certamente non sono disposti a rinunciare al blasone e alla titolarità dei trofei della loro squadra: da qui il perdono di ogni “atto impuro”.
Cominciamo allora a chiamare le squadre di calcio e dirigenti con il loro nome: aziende ed imprenditori, ed applichiamo a questi le normali regole industriali e commerciali sui profitti e le responsabilità. Non sarà semplice per il tifoso adeguarsi, ma questo porterebbe ad agire nei confronti di questo “paradiso perduto” con gli stessi mezzi della vita civile: fallimenti, denunce, responsabilità penali ed economiche.
E’ mai possibile, mi chiedo, che per salire su di un aereo bisogna lasciare al check-in latte per neonati, limette per le unghie e togliersi anche le scarpe, ed invece allo stadio si possa entrare con petardi, bastoni, armi e quanto altro di contundente e arma propria o impropria? Mi verrà detto che i problemi non si limitano all’interno dello stadio: bene, intanto facciamo in modo che “dentro” sia tutto regolare, così da poter dire che i tifosi non sono responsabili degli atti delittuosi, poi, spostiamo i “riflettori” su ciò che accade “fuori”. E chiamiamo criminali coloro che compiono questi atti, con la punizione che gli deve essere ascritta: proviamo domani ad andare in piazza senza le sciarpe di una squadra di calcio e distruggiamo un marciapiede, appicchiamo il fuoco a delle auto in sosta, lanciamo bombe carta, fumogeni e sassi alla polizia che giustamente verrebbe a farci smettere. Cosa pensate che succeda? Saremmo definiti criminali e “giustiziati” a dovere: perché questo non avviene anche per quelli che sono etichettati come “supporters” delle squadre di calcio?
Ed un'altra riflessione, nasce spontanea: possibile che in un mondo dove è possibile sapere tutto di ognuno di noi, le forze dell’ordine non conoscano ancora i nomi di coloro che sistematicamente compiono questi atti? Non credo: le perquisizioni avvenute la notte scorsa a Catania, sicuramente non sono state fatte a caso, ma di sicuro presso i “soliti noti”. Allora facciamole prima, non si lede la libertà personale, visto che poi i riscontri sono quelli di violare la legge con il possesso, almeno, di materiale illecito, e non si andrà certo a farli a casa di un signor Rossi qualsiasi.
Certo, le mie sono solo considerazioni fatte fuori da quei meccanismi che regolano il mondo del calcio (anche se tra le mie esperienze annovero anche quella di dirigente di una squadra di calcio di paese) e della applicabilità della giustizia, quindi tali rimangono, non potendo senz’altro competere con le giustificazioni dei milioni di euro che vengono pagati per acquisti e stipendi di calciatori, per diritti televisivi, marketing vari e “purtroppo” (unica nota positiva) per tutte quelle persone che di riflesso lavorano grazie a questo sport. Però spero che possano far riflettere almeno una sola altra persona, cosicché se non un coro, faremmo almeno un duo.

Commenti

Giancarlo le mie riflessioni sono speculari alle tue ed io penso che l'applicazione della legge e la certezza della pena siano l'unico freno a troppe condotte arbitrarie e altamente delinquenziali che solitamente rimangono impunite.

Scritto da: fulvia | 05/02/2007

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