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14/06/2015

Il problema dei migranti

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Sulla questione migranti, quello che non comprendo, è come si faccia a non capire il problema vero: come al solito invece di guardare alla luna si guarda al dito. Ogni giorno ci raccontano che bisogna limitare gli sbarchi, dividersi degli esseri umani “in quote”…. ma il mio lavoro m’insegna che se un tubo perde, non basta asciugare la pozza che si crea sotto, è necessario riparare il tubo, e la pozza si asciugherà di conseguenza. I governanti europei, invece di litigare tra loro, dovrebbero fare fronte comune nei confronti dell’O.N.U., e a questo chiedere un intervento. Il problema, come tutti dovremmo sapere, nasce dal fatto che negli Stati da cui questi poveracci fuggono ci sono delle dittature sanguinarie, che lì vengono torturati e uccisi senza nessuna ragione, ogni giorno, e che se decidono di affrontare un viaggio “mortale” è perché non hanno altra via di scampo. Ben venga il nostro impegno all’accoglienza, è necessario e deve essere fatto, ma è necessario puntare in alto, magari con l’intervento dei Caschi Blu in Eritrea, Somalia e in quegli Stati dove la migrazione ha origine. Perché a livello internazionale nessuno interviene?  Magari cadiamo nel qualunquismo pensando che a volte l’intervento dell’O.N.U. è dettato solo da interessi economici di qualcuno, e in questo caso ci verrebbe da pensare che a nessuno interessi risolvere il problema, o magari interessi che rimanga! Il nostro livore non si deve rivolgere verso coloro che a costo della vita cercano scampo in altri Stati, ma verso coloro che si limitano a spendere belle o brutte parole nei loro confronti, senza cercare la soluzione adeguata e alla fonte del problema. Quello che possiamo fare noi cittadini è nelle giuste e umanitarie parole di Gino Strada, ma oltre a fare quello dobbiamo far comprendere ai ns governanti, Italiani ed Europei, che ciò che ci spaventa non è il migrante, ma la loro incapacità di andare al nocciolo del problema e farsi valere. 

23/02/2015

Non dirmi che hai paura (G. Catozzella)

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Potrebbe essere una favola, una biografia, un reportage, un romanzo: forse è un po’ di tutto questo, o forse nulla. In un telegiornale o in un programma televisivo questa storia si confonderebbe con altre migliaia che ci sfuggono davanti agli occhi e che per la loro quantità, ormai, non ci trasmettono nulla. Un libro però, a differenza di qualsiasi altro mezzo di comunicazione, ha il potere di farci riflettere: perché possiamo tornare a capoverso; fermarci qualche secondo a meditare; entrare nelle sensazioni che stiamo leggendo. La storia di Samia Yusuf Omar, raccontata da Catozzella, non sono solo le vicende e le aspirazioni di una bambina che ama correre e quasi per caso partecipa alla Olimpiadi di Pechino, è la storia di milioni di persone che noi non comprendiamo, che vogliono solo scegliere, così come si dice in una canzone africana: l’essere liberi non è avere o possedere, ma solo poter scegliere. Lei, dopo aver partecipato alle Olimpiadi, dove da noi significa onore e fama, morirà il 2 aprile 2012 annegata a largo di Lampedusa mentre tenta di raggiungere l’Italia su di un barcone di profughi. Quello che colpisce nel racconto non è la tragica morte della ragazza, ma, attraverso le sue vicende, vedere come ancora oggi si viva in alcune nazioni; come per lei sia sorprendente la vita normale, tanto da trascorrere un intero pomeriggio dentro il bagno dell’albergo invece di andare a visitare la città. Attraverso la vicenda di Samia possiamo arrivare a comprendere quali sono le ragioni e le speranze di coloro che affrontano la morte attraverso il Mediterraneo per arrivare in Italia; perché attraversano con viaggi lunghi mesi una parte dell’Africa per affrontare il mare; cosa stanno, non cercando, ma fuggendo. Probabilmente, leggendo questo libro, il nostro giudizio nei confronti di queste persone potrà essere diverso: non cercano la vita, fuggono dalla morte.

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