Ok

By continuing your visit to this site, you accept the use of cookies. These ensure the smooth running of our services. Learn more.

01/09/2015

C’è un re pazzo in Danimarca (D. Fo)

cristiano, fo, danimarca, pazzo, re, jacopo, struensee, federico, leggi, rivoluzioneNon è novità che la realtà superi la finzione e la storia raccontata dal premio Nobel in questo libro, potrebbe tranquillamente essere prestata al copione teatrale di una commedia. Lo scrittore, con l’aiuto del figlio Jacopo, ha raccolto documenti, atti, pubblicazioni e soprattutto diari dei personaggi che hanno caratterizzato la corte Danese sotto il regno di Cristiano VII. Dando continuità a questo materiale ne è scaturita una storia che pare un vero e proprio romanzo. Il fulcro sul quale si muove tutta la vicenda è la follia del Re stesso. Salito al trono in giovane età e già colpito dalla malattia, il sovrano ha caratterizzato le vicende della corte e del Regno, sia nelle scelte pubbliche e di Stato, che nella vita privata della famiglia. Non nascondendo mai la sua pazzia, comunque nota a tutti, riusciva persino a sfruttarla per prendersi gioco degli aristocratici, per sfuggire all’etichetta regale e finanche per giustificare le scelte ardite e molto progressiste per l’epoca, sulla conduzione dello Stato. Siamo più o meno nella seconda metà del settecento, ancor prima della rivoluzione francese, e in Danimarca, Cristiano e i suoi consiglieri, principalmente il medico tedesco Struensee (finito comunque decapitato), propongono leggi contro la pena di morte, lo status di servitori della gleba, il latifondo e il monopolio navale, i privilegi nobiliari, e a favore della liberalizzazione dei coloni, dell’istruzione popolare, dell’assistenza sanitaria e molte altre, che all’epoca non erano ancora vigenti in nessun altro Stato o stavano soltanto vedendo gli albori. Nella vita privata il Monarca doveva fare i conti con gli inganni della matrigna, pronta a tutto pur di portare sul trono del Regno il proprio figlio, a scapito di quello di Cristiano. Dovrà così rinunciare alla propria moglie e ai suoi amici e riuscirà soltanto in seguito a proteggere il figlio e a costruire con questo un solido legame che lo porterà ad essere il successivo sovrano di Danimarca.

20/10/2014

In fuga dal Senato (F.Rame)

franca, rame, fo, senato, idv, dimissioni, jacopo, roma, parlamento, elezioni

Non leggete questo libro!! Molti di noi valutando l’operato dei Parlamentari Italiani, maturano l’idea che i risultati delle scelte che ci vengono imposte, sono così deludenti perché Onorevoli e Senatori badano soltanto ai propri tornaconti e non al bene collettivo. Dal racconto della Rame, quest’idea diventa una certezza. Attenzione, non è una critica di parte: sappiamo tutti la collocazione politica che aveva l’autrice, ma in questo caso le sue invettive si rivolgono a tutti, da destra a sinistra, anzi, più a sinistra che a destra, perché è da lì che dovrebbe venire la spinta sociale. Il libro è il diario che la Rame ha tenuto dall’aprile 2006 al gennaio 2008, nei 20 mesi in cui è stata Senatrice delle Repubblica eletta nelle file dell’IdV. Lascerà il gruppo IdV per non votare a favore di scelte che andavano contro il programma elettorale del Governo e della propria coscienza. Sin dal primo giorno in cui entra in Senato, la scrittrice avverte un ambiente ostile, che galleggia in aria come Laputa, l’isola volante dei “Viaggi di Gulliver”, completamente distaccato da quelle che sono le realtà del Paese. Questo suo disagio si ripercuote persino sulla salute e solo l’ironia e le capacità satiriche di cui è dotata, le permettono di rimanere a galla nell’abisso che la separa dai suoi “colleghi”. Ogni sua giusta battaglia s’infrangerà contro il muro di indifferenza degli altri Parlamentari, sino a costringerla a dimettersi. La Rame non vuol proporre una sua analisi già confezionata, ma si limita a narrare i fatti come accadono e le sensazioni che questi le suscitano. In ogni passaggio si palesa però l’indifferenza dei nostri Governanti per il bene comune, a solo vantaggio dei propri interessi privati e l’impossibilità di poter cambiare tutto questo attraverso le istituzioni.