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22/08/2016

Possa il mio sangue servire (A. Cazzullo)

cazzullo, partigiani, resistenza, antifascismo, nazismo, occupazione, risorgimento, 8 settembre, guerra mondiale, alleati“Possa il mio sangue servire per ricostruire l’unità italiana e per riportare la nostra terra a essere onorata e stimata nel mondo intero. … per il bene e per l’avvenire della nostra Patria e della nostra Bandiera, per le quali muoio felice.” “A rileggere, nell’Italia di oggi, alcuni passi delle ultime lettere di Franco Balbis, c’è da sentirsi un verme. C’è da vergognarsi al pensiero di come abbiamo ridotto la terra che quest’uomo, oggi del tutto dimenticato, voleva riportare a essere onorata e stimata nel mondo intero: una frase che dovrebbe essere letta a voce alta dai candidati a una carica pubblica, dagli eletti in Parlamento, dai condannati per corruzione.” La prima frase è stata scritta da Franco Balbis in una delle ultime lettere prima di essere fucilato dai fascisti, ma è simile a quella di migliaia di altri Italiani a cui è toccata ed hanno scelto la stessa sorte; la seconda è il commento di Cazzullo alla stessa lettera. Basterebbe questo a spiegare il libro del giornalista, ma qualche considerazione è necessaria. Intanto c‘è da precisare che l’autore cerca di chiarire alcuni luoghi comuni che la revisione storica degli ultimi tempi, o magari solo quella morale, sta travisando sul periodo della resistenza italiana. Il primo punto riguarda l’appellativo di partigiano, che per anni è stato considerato sinonimo di combattente di sinistra, ma che in realtà significa “colui che parteggia per un’idea”, “colui che si oppone all’oppressore” e che quindi deve essere conferito a tutti coloro che hanno preso parte alla resistenza. Sin dall’inizio fu un moto spontaneo di tutto il popolo, composto quindi da cattolici, socialisti, militari, operai, contadini, religiosi, monarchici, gente comune, comunisti, che in parte prese le armi per affrontare l’invasore straniero e nazionale ed in parte cominciò anche solo a dire “no”, a chi voleva costringerlo ad un’obbedienza dittatoriale. Tutti però avevano un unico ideale, “parteggiavano per un’idea”: erano antifascisti e volevano libera la nazione italiana, che amavano, nonostante tutto. Il secondo punto riguarda la condanna che viene fatta oggi degli atti che, seppur crudeli e deplorevoli, hanno compiuto i partigiani-resistenti nei confronti dei tedeschi e fascisti. Se pensiamo a cosa proviamo oggi nei confronti dei terroristi che uccidono la gente comune o all’idea di voler applicare la castrazione chimica a chi ha perpetrato violenze sessuali, cerchiamo, con coscienza, prima di emettere sentenze inappellabili e non accettare motivazioni più che giustificabili, di metterci nei panni di coloro che hanno assistito personalmente allo scempio dei civili italiani durante quel periodo e vissuto sulla propria pelle torture, stragi, sevizie e sentenze capitali. Il terzo punto prende in esame la posizione della repubblica di Salò, i cui militanti sono quasi considerati vittime dei partigiani e delle circostanze, la ricostruzioni dei fatti porta invece ad un’unica conclusione: stavano dalla parte sbagliata e sono stati sconfitti, così come i nazisti, perché avevano torto di fronte all’umanità intera.
Dai racconti e dalle lettere presenti nell’opera se ne deduce un quadro drammatico di cosa è successo in Italia nel periodo bellico e successivo all’8 settembre. Se oggi, dopo 70 anni, siamo a ricordare e commemorare stragi come quelle di S. Anna di Stazzema, Marzabotto e Fosse Ardeatine, dobbiamo tener presente che tutto il territorio nazionale è stato oggetto di strage: nelle frazioni, nelle città, ma anche lungo le strade e ovunque si sono compiuti gli atti più atroci, gratuitamente e contro persone inermi. A queste si contrappongono da parte della maggioranza dei cittadini azioni eroiche, magari anche banali e nel quotidiano. Anche a livello militare, sebbene la storia non lo registri perché nella logica della guerra ci eravamo arresi, molti reparti e unità militari italiane combatterono accanto alle forze alleate, ottenendo vittorie e decorazioni rimaste sconosciute e molte città e paesi si erano già liberati con le proprie forze prima dell’arrivo degli alleati.
Questa pagina di storia nazionale e popolare deve essere sempre tenuta aperta e ricordata, così come avviene per il risorgimento, perché la resistenza è stato un secondo risorgimento del popolo italiano: che combatteva contro un invasore straniero; contro un governo che lo opprimeva; che ha avuto i suoi martiri; che ha mostrato il proprio valore; che dopo cento anni, ancora davanti al plotone di esecuzione, aveva la forza e l’orgoglio di gridare un’ultima e unica frase: “Viva l’Italia”.

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